Ri-conoscere Michelangelo, fino al 18 maggio all’Accademia
La primavera inoltrata si porta via una delle mostre più significative per le celebrazioni dei 450 anni dalla morte di Michelangelo, lo scultore, il pittore, il grande spirito del Rinascimento. La Galleria dell’Accademia di Firenze ha accolto uno speciale momento espositivo, quello dell’interpretazione attraverso gli scatti fotografici del lavoro del Buonarroti.
L’occhio della camera oscura si apre sulle opere immortali, fin dagli albori della tecnica fotografica è stato realizzato un grande corpus di immagini, alcune storicamente inserite nella produzione fotografica degli ateliers ottocenteschi, fino alla più attuale contemporaneità.
“E come si potrebbe non ‘ri-conoscere’ Michelangelo alla Galleria dell’Accademia in occasione di questa importantissima ricorrenza? Lo facciamo gettando sul suo mito imperituro uno sguardo particolarmente rivolto alla contemporaneità, nell’alveo di un filone espositivo coltivato da sempre nel ‘luogo del David’ ” dice Angelo Tartuferi, storico dell’arte e direttore dell’Accademia.
La mostra vuole evidenziare il ruolo determinante della fotografia per valorizzare in modo critico e iconografico l’opera di Michelangelo.
Se dedicherete qualche momento della vostra giornata a questa mostra, ecco che il percorso espositivo vi introdurrà alla lettura storica della fisionomia e della personalità di Michelangelo, con opere di Eugène Delacroix e Auguste Rodin, e di altri autori che, come Eugène Piot, Édouard-Denis Baldus, gli Alinari, John Brampton Philpot, rappresentano gli artisti dello scatto.
La mostra si caratterizza per quel nuovo legame tra storici dell’arte e fotografi, ai quali è affidato il compito di rintracciare le forme e la materia dell’opera, come le fotografie di Giuseppe Pagano alla Pietà di Palestrina, il lavoro di David Finn e di Aurelio Amendola, veri interpreti dell’arte che hanno collaborato assiduamente con numerosi storici dell’arte che grazie alla loro interpretazioni hanno potuto definire i contorni del personaggio e trovare conferme a teorie e analisi stilistiche.
E’ una carrellata di immagini che vi porterà fino agli anni Settanta, con le ricerche di Tano Festa, Paolo Monti, Antonia Mulas, e aprirsi alle espressioni della contemporaneità con Helmut Newton e Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin e Gerard Rondeau.
Ecco le parole di Cristina Acidini, della Soprintendenza ai beni Architettonici di Firenze, con le quali l’interpretazione fotografica di Michelangelo diventa reale: “rilievi ammorbidirsi e quasi appiattirsi in tagli e illuminazioni frontali, oppure al contrario, grazie a visuali oblique e a luci decise e radenti, prender risalto negli aggetti e sprofondare in ombra nelle cavità. Armonia e inquietudine, serenità e dramma, convenzione e trasgressione sono individuati e colti dagli obiettivi e restituiti nei negativi e nelle stampe, all’insegna di una variabilità che tiene molto nel soggettivo, in quanto facente capo alla filiera degli operatori e delle operazioni e comunque, essenzialmente, riconducibili al fotografo”.
La mostra, a cura di Angelo Mazza come il catalogo edito da Giunti , è stata promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizi, Firenze Musei e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.