Le curiosità di Palazzo Vecchio. Vasari e il Nano Morgante ….
Palazzo Vecchio oltre ad essere la sede comunale che ospita una parte degli uffici amministrativi della città, è anche un museo, e che museo! Quando siete in piazza della Signoria e guardate le grandi statue in marmo che nei secoli sono state disposte ai lati del palazzo del potere e sotto la Loggia dei Lanzi, un’emozione ci prende alla gola, tanta bellezza, tanto sfarzo marmoreo, tanta tenacia … degli artisti e dei cittadini che seppero con cosciente sapienza voler ornare la città di opere d’arte. Entriamo in Palazzo Vecchio, attraversiamo il cortile con la fontana dove svetta il putto del Verrocchio e saliamo lo scalone di destra, entriamo nel salone dei Cinquecento e dopo aver dato uno sguardo al famoso affresco del Vasari dietro al quale si troverebbe la famosa battaglia di Anghiari di Leonardo, volgiamo lo sguardo agli altri capolavori dell’artista fiorentino, ammiriamo il grande soffitto a cassettoni e soffermiamoci sull’affresco noto come “Presa del forte presso Porta Comollia”, una scena della Guerra Senese (1552-1559); notiamo subito che il cavaliere sulla sinistra impugna una specie di martello, è un’azza, un’arma da guerra che veniva generalmente usata dalla fanteria. Con essa si agganciavano le armature per forarle.
E’ una bellissima scena notturna, le grandi lampade ricordano le rificolone usate nella festa del 7 settembre a Firenze. In primo piano si vede un nano, anche lui porta la sua bella lanterna, una di quelle che i bambini usano per la festa della Rificolona il 7 settembre e sul capo un elmo, più grosso ed importante di lui. Secondo alcuni esperti è il Nano Morgante, il più famoso nano della corte medicea di Cosimo I. Statue e ritratti lo ritraggono in varie pose, spesso nudo. La più famosa è quella del “Bacchino” di Boboli, all’ingresso detto, appunto del Rondò di Bacco. Il Vasari lo citò nelle sue “Vite” e qui, in questa cronaca di guerra voluta per ricordare le gesta del nuovo stato mediceo, il Vasari e forse lo stesso granduca, vollero, con quello spirito burlesco tutto fiorentino, immortalarlo per l’eternità. Mute testimoni le statue addossate alle pareti tra le quali spicca il Genio della Vittoria di Michelangelo Buonarroti, realizzata nel 1534 e scolpita per la tomba di Giulio II, ma che per vari motivi rimase a Firenze e donato al granduca dal nipote di Michelangelo. La statua è famosa per quel senso di movimento e la vigorosa torsione che tanto ispirò gli scultori detti manieristi.