Un cocktail per il conte! Camillo Negroni in Florence.
Intrecci sottili e ricami della storia ci portano spesso ad incontrare personaggi che fanno parte di quel sottobosco culturale ed economico che hanno fatto l’Italia e creato occasioni di eccellenza e superiorità emotiva anche con le piccole cose.
E’ con il generale Pier Lamberto Negroni Bentivoglio, nome antico e altisonante, cordialissimo e pieno di vitalità che mi sono trovato casualmente a ricordare i suoi antenati, scavando alla ricerca di curiosi personaggi di altri tempi, eleganti signori a volta eccentrici ma sicuramente ben inseriti nel loro ruolo sociale, anime terrene che misuravano il tempo al ritmo della mondanità “fin de siècle”, travolti poi da una tragedia non cercata, la Grande Guerra del 1915-1918.
Uno per tutti è Cammillo Negroni, conte e gentiluomo. Le due emme di Cammillo si trasformarono presto, per motivi di semplicità e forse commerciali in una sola.
Camillo Negroni era probabilmente uno dei tanti nobili alla ricerca di una “collocazione” nella società dell’epoca, ma è rimasto famoso per la sua principale dedizione, quella del culto dell’aperitivo.
Era di moda soffermarsi nei locali più in voga di Firenze per fare incontri, discutere affari, sparlare di eventi e personaggi, volgere sguardi galanti alle signore e sorseggiare alcolici di vario genere. Era il grande momento del vermouth, inventato dal Carpano nel 1786 e poi reso immortale dalla Martini & Rossi, ma si distinguevano al banco altri alcolici e cocktail di varia origine, più o meno forti e aromatici.
Tra i frequentatori di questi locali era il conte Camillo il quale, forse per tradizione di famiglia, amava i nuovi sapori e proprio per questo perfezionò la sua bibita preferita chiamata “Americano” coadiuvato da un barman ante litteram, certo Scarselli del bar Casoni di via Tornabuoni, un locale che successivamente prese il nome conosciutissimo di Giacosa.
A quell’epoca il bar Casoni si trovava al numero 9 di via Tornabuoni dove oggi si aprono le luminose vetrine di Gucci. Solo successivamente si trasferì sull’angolo davanti a Palazzo Navone dove ora sopravvive sotto la tutela del marchio di moda Cavalli.
Al tempo del conte Negroni, il bar Casoni era poco più di una drogheria profumeria, una spezieria che incontrava il favore dei clienti che potevano bere qualcosa, acquistare prodotti introvabili altrove, spesso di provenienza inglese o “coloniale” e allo stesso tempo frequentare quella che era già allora una delle più importanti strade fiorentine, dove si trovava anche il famoso Caffè Doney e il Circolo dell’Unione.
La leggenda vuole che il conte soffrisse nel bere il solito “Americano”, un aperitivo composto da Vermouth, Campari, fetta di arancia e seltz. Non sappiamo se fu un’idea del Negroni o dello Scarselli di sostituire al seltz il gin inglese e quindi cambiare il gusto del cocktail originale, forse ci furono diversi tentativi per ottenere il giusto equilibrio tra i componenti della nobile bevanda, che in breve tempo divenne l’aperitivo più alla moda in Firenze, anzi l’Americano alla maniera del conte Negroni e dopo poco tempo, potere del marketing, solo Negroni!
Il successo si diffuse per Firenze velocemente e anche Doney, Rivoire e altri locali furono in breve tempo capaci di proporre il “Negroni”.
La figura internazionale di Camillo, figlio del conte Enrico Negroni e di Ada Savage Landor, quindi nipote del poeta e scrittore Walter Savage Landor, uno dei massimi autori del romanticismo inglese, contribuì a diffondere il culto della nuova bibita grazie al passa parola negli ambienti aristocratici degli anni ’20.
A cavalcare l’onda del successo fu però Guglielmo Negroni, omonimo solo nel cognome con il conte Camillo, nessuna parentela e tanto spirito imprenditoriale, che sembra mancasse al nobile frequentatore dei locali di mezza Europa.
Le distillerie Negroni in provincia di Treviso misero in produzione quello che ancora oggi è conosciuto come “Antico Negroni 1919”, un prodotto che ebbe un discreto successo e prese il nome popolare di “Negroni sbagliato” diventando molto in voga a Milano.
Camillo morì relativamente giovane, tanto è stato scritto sulla sua figura, sul suo cocktail e le sue varianti, poco sulla vita privata e gli affetti. Quello di Camillo era il libero spirito di un anglo fiorentino legato ad un passato di illustri antenati, tra i quali ci fu un certo Giovanni Battista Negroni, conte di Monte Rubiaglio che tra il 1600 e 1700 si dedicò alla negromanzia e alla magia.
Giovan Battista Negroni trasformò il castello avito in un laboratorio dove sperimentava l’alchimia e la sua applicazione a tutte le scienze occulte. Era un segnale del destino, mescolare ingredienti per ottenere dei risultati magici, così come successe al liquore di Camillo.
Altri nella famiglia Negroni hanno avuto modo di passare alla storia in modi più tradizionali: governatori, cardinali e gonfalonieri che facevano parte della nobiltà pontificia.
Camillo Negroni frequentò il bel mondo nacque ed abitò a Villa Gherardesca dove viveva la famiglia Landor, oggi conosciuta come La Torraccia, in fondo a quella romantica stradina che è via delle Fontanelle a San Domenico e sede della nota Scuola di Musica di Fiesole.
Un’altra dimora che ricorda la presenza di Camillo Negroni è Villa La Vespa a Scandicci, acquistata dal suo patrigno, il conte Paul de Turenne un aristocratico e diplomatico francese che aveva girato il mondo. Dopo aver soggiornato in Giappone e Stati Uniti aveva deciso di fermarsi, come molti altri stranieri, a Firenze, dove diventò amante delle piante e della tranquillità di campagna.
Alla Vespa la madre di Camillo, Ada Savage Landor ritrovò la quiete e le felicità familiari dopo aver vissuto un’intenso rapporto pieno di contrarietà con Enrico Negroni, il suo primo marito.
Paul de Turenne trasformò questa villa adagiata sulle prime alture delle colline di Triozzi fuori Scandicci, in una splendida dimora neoclassica, con un grande parco pieno di fiori che curava personalmente. Forse amava coltivare proprio la “Contesse de Turenne”, una rosa thea inventata da Verdier nel 1867.
Ci piace immaginare il conte Camillo che si intrattiene nel patio della villa a dosare il suo famoso cocktail, senza immaginare che il suo nome sarebbe diventato immortale, anche se ..…. evanescente alcol.
Giuseppe Garbarino