Pinocchio… uno di noi, il nuovo libro che parla della vera storia del Burattino di Firenze
E’ in questi giorni in libreria un nuovo libro che affronta l’ambientazione storica del libro di Pinocchio scritto dal Carlo Lorenzini, noto a tutti come Collodi.
Il titolo è “Pinocchio svelato” scritto da Giuseppe Garbarino e a cura della casa editrice AB. La presentazione avverrà il 27 di febbraio alla Biblioteca Comunale del Polo di Doccia a Sesto Fiorentino, ma perché in questo luogo?
Ecco lo stralcio dell’introduzione del libro, un interessante percorso di realtà e fantasia:
“Si parla spesso di mondo collodiano, del libro di Pinocchio, mai o poco del Carlo Lorenzini che si firmò anche con lo pseudonimo di Collodi, forse in ricordo del paese natale della madre, e infatti in questo testo ne parleremo indistintamente sia con il cognome reale che con quello usato per firmare Pinocchio. Dunque il Carlo Lorenzini era un ragazzotto fiorentino nato il 24 novembre del 1826 vicino a San Lorenzo, in quella via Taddea all’ombra del Palazzo Ginori dove oggi al n. 25 si legge una lapide ricordo. Il suo percorso scolastico iniziò al seminario di Colle di Val d’Elsa e continuò poi al collegio degli Scolopi; il suo nome appare negli elenchi dei volontari toscani delle prime due guerre risorgimentali, fu censore teatrale, giornalista, scrittore, osservatore, giocatore, amante del buon vino, delle donne e sicuramente della buona cucina.
Carlo Lorenzini ha vissuto quindi i fermenti risorgimentali, i giorni della Firenze Capitale e la calata dei piemontesi con tutti quei funzionari dall’accento impossibile; forse non amava il fatto che la sua città fosse diventata preda di un esercito invasore composto di famiglie alla sfrenata ricerca di un alloggio, nobili al seguito della corte sabauda e il multicolore destreggiarsi di avventurieri al seguito del resto del mondo e ne sfogò la rabbia nascondendola nel testo di Pinocchio. Italia si, ma Firenze capitale no, e questo senza farsi troppi problemi di nascondere il suo pensiero.
Sono gli anni del Caffè Michelangelo e lui, il Lorenzini, è l’unico non pittore a far parte del “bel numero”, rappresenta l’anima letteraria dei vari Lega, Fattori, Signorini, Cecioni, così come il musicista Claude Debbussy sarà l’estraneo essenziale per il salotto di Malarmè.
Pinocchio nasce forse per gioco, sicuramente per necessità economica, pagato 20 centesimi a rigo e scritto di malavoglia, una “bambinata”, come disse al segretario di redazione Biagi. Fu il figlio di Marianna Gerini, Ferdinando Martini a chiedergli un racconto a puntate sulla nuova pubblicazione chiamata “Giornale per i bambini”; curiosa coincidenza, dei Gerini era la maestosa villa a Colonnata, una frazione di Sesto Fiorentino, dimora che fu prima dei Capponi, poi dei Malevolti del Benino e da molti identificata come il centro del microcosmo di cui si parla nel libro di Pinocchio, ma di questo parleremo più avanti.
La chiave di lettura che dà la certezza dell’ambientazione fiorentina di Pinocchio è in una “pinocchiata” uno di quei testi scritti seguendo il successo del libro di Carlo Lorenzini, anche se quello che Ugo Scotti Berni, lo “zio” di Pinocchio, dedicò …
“Alla venerata memoria
del vecchio amico di mia lieta infanzia
Carlo Lorenzini detto il Collodi
dedico la fantasiosa novella ch’Egli pensò ma che non scrisse e di cui a me – con paterna speranza confidò il soggetto
perch’io ne assolvessi testamentario lascito a discepolo fedele la lusinghiera attuazione dopo cinquanta anni dal nostro ultimo incontro nella bella Firenze”
A prima vista potrebbe sembrare un capitolo a parte, una vera e propria “pinocchiata” ma forse è il vero seguito del fortunato racconto, ispirato proprio da Carlo Lorenzini, magari raccolto in qualche appunto tra quei fogli fatti sparire dal fratello Paolo subito dopo la sua morte ed oggi un testo dimenticato ma da rivalutare.
“La promessa sposa di Pinocchio”, edito nel 1939 dalla Editrice Marzocco, con prefazione di Paolo Lorenzini detto “Collodi Nipote”, è un continuo riferimento a Firenze, ai fatti e alle persone; Mastro Geppetto e Mastro Antonio sono diventati due noti artigiani che si destreggiano nel tentativo di trovare una moglie adatta al loro Pinocchio, una donna nata dallo stesso legno del loro pupillo, un tronco preso nel parco delle Cascine e da li in poi località come Fiesole, il viale dei Colli, Settignano, la Val di Sieve e il Mugello, il tutto con illustrazioni di Mussino che non lasciano dubbi, lo skyline di Firenze imperversa fino all’orizzonte di Sesto e Colonnata.
Ne riprese le tracce Nicola Rilli che nel 1976 con il libro “Pinocchio a casa sua”, scoprì fatti e persone dimenticate, riuscendo a dare al libro una sua collocazione temporale e territoriale, peccato che oggi sia introvabile.
Un altro appassionato di storia locale che cerca di seguire le ombre e le orme del Collodi e l’amico Filippo Canali, pieno di intuizioni e che con buona volontà porta a spasso sul territorio gruppi di neofiti che vogliono vedere Pinocchio in un’altra veste, magari culinaria con una interessata sosta da Burde sulla via Pistoiese.
Se si studia la produzione per bambini e ragazzi di Carlo Lorenzini si riescono a delineare facilmente i contorni di alcuni dei personaggi che animeranno il suo capolavoro. Pinocchio stesso nasce dalla fantasia dei racconti di Giovanna Ragionieri, la giovanissima “fatina” che colpì il Lorenzini per i suoi capelli lunghi e biondi, per la simpatica voglia di parlare e dare vita a quel burattino in legno, ora cattivo ora buono. Sapienza popolare che si unisce al volgo di campagna, il tutto condito dalla penna del Collodi.
Qua è la si incontrano accenni di gustosi piatti della migliore tradizione gastronomica toscana e italiana, sembra a volte di assistere ad una involontaria anticipazione di ciò che scrisse Pellegrino Artusi, poi sul finale tutta la migliore morale tipicamente italica, quella di Cuore e dei suoi racconti strappalacrime.
Il libro di Pinocchio, non fa ridere e non fa piangere, non commuove ma allo stesso tempo non è divertente; Pinocchio è un testo serio, pieno di verità e sapienza, una lettura per ragazzi dove il dolore diventa ironia e la finale sembra un lieto fine, ma in fondo in fondo delude, anche se Pinocchio si conquista un’identità in carne ed ossa, così come da legno diventò ciuchino, imperfezione del trasformismo verso l’elevazione ad essere vivente, da legno diventa bambino, finalmente umano: il traguardo è superato, benvenuto nel mondo reale.”